FORMAZIONE
Testimonianze
Padre Jim, SA

Cosa mi ha spinto a diventare frate
Sono cresciuto negli anni ’60 e ’70 in una famiglia cattolica del Massachusetts. Sebbene solo il 40% degli americani sia cattolico, la mia città natale, Lowell, un agglomerato operaio, lo era al 90%. Per questo pullulava di parrocchie etniche: franco-canadesi, portoghesi, polacche, lituane; la mia, per esempio, era irlandese.
Fin dalla prima infanzia mi piaceva ascoltare racconti su Gesù, Maria e i santi. Amavo le storie della Bibbia, così come dolci sono i ricordi di quando imparavo a memoria le preghiere che poi pregavamo insieme. Vivendo in un luogo multietnico, ho sempre fatto amicizia con svariate persone, soprattutto al liceo, di fedi e culture differenti. Da parte di mia madre, inoltre, ho in eredità ascendenze anglicane e puritane. Per questo, ogni tanto mi capitava di recarmi all’Eucaristia domenicale nella chiesa anglicana di mio nonno.
Sapevo che non potevo ricevere la comunione, ma poiché il Concilio Vaticano II era già terminato, la loro liturgia in inglese mi appariva proprio come la nostra cattolica. Mi sono quindi interrogato su quale fosse il problema. Proprio questo è stato il mio primo moto di interesse ecumenico.
Durante le vacanze estive con la mia famiglia sulla costa atlantica del Maine ebbi modo di scoprire e frequentare la nostra comunità cattolica lì stabilità, guidata dai Frati Minori provenienti dalla Lituania. Ammiravo molto il modo in cui questi uomini in abiti marroni interagivano con noi, così come anche quello in cui semplicemente predicavano (la confessione lì con loro era sempre meno spaventosa che a casa!). Nel loro negozio di articoli religiosi ho anche acquistato i miei primi libri su San Francesco e Santa Chiara: il primo interesse che ho avuto per il carisma francescano.
Tornato nella mia parrocchia d’origine, al compimento dei 19 anni, ho avuto un incontro con un pastore molto gentile che ha visto in me una potenziale vocazione religiosa, inviandomi così a formarmi come insegnante di religione presso l’Arcidiocesi di Boston. Proprio ciò ha rappresentato l’origine dei miei interessi teologici.
Nel giugno del 1979, dopo aver preso una laurea in inglese con la speranza di passare al mondo del giornalismo, ebbi modo di avere una conversazione con un presbitero che si trovava in missione per un breve periodo nella mia parrocchia. Egli predicava con grande acume e convinzione; indossava il saio francescano, ma era diverso da tutti gli altri: un crocifisso appeso a un cordone rosso gli pendeva intorno al collo.
Sul bollettino della nostra parrocchia, era presentato le lettere SA (“Society of the Atonement”) posposte al suo nome. Decisi quindi di andare a trovarlo per esplorare i miei sentimenti vocazionali. Egli mi spiegò che le lettere in questione stavano appunto per “Society of the Atonement” e che era un frate francescano dell’Atonement, finendo quindi per raccontarmi la storia di questa comunità fondata nella Chiesa episcopale e poi confluita all’interno della Chiesa cattolica.
Aggiunse poi un qualcosa che mi incuriosì e mi colpì profondamente: che il fulcro principale della missione della congregazione era l’unità dei cristiani, la riconciliazione e il risanamento di tutte le divisioni.
Ecco che si aprì dinanzi a me una possibile scelta di vita che non ero mai stato in grado di vedere prima: aderire a una comunità francescana di uomini dediti all’unità di tutti i cristiani. Fede, ecumenismo, francescanesimo e studio della teologia, tutto in uno.
Dopo aver trascorso un altro anno in discernimento con i novizi e il loro maestro a Medford, sempre nel Massachusetts (in cui partecipammo anche a una messa del nuovo Papa Giovanni Paolo II a Boston, il quale ci esortò a non avere paura), e dopo tre rapide visite alla casa madre dei frati e suore dell’Atonement a Graymoor, nello Stato di New York, decisi di presentare la domanda di ammissione all’istituto, entrando così il 9 luglio 1981 nella casa di postulato di Washington DC.
Ma cos’è dunque che mi ha davvero motivato a questa scelta? Radici e ambiente cattolici forti ma diversi; sviluppo della fede e di una vita di preghiera; curiosità teologica ed ecumenica; vita francescana; e infine, il fattore forse più importante, ovvero gli incontri e le relazioni con le persone che mi hanno accompagnato al discernimento: il mio parroco, un frate dell’Atonement che è entrato nella mia vita e Papa Giovanni Paolo II.
Infine, per chiudere, tra le componenti che pur hanno avuto un ruolo nella mia scelta, ci tengo a menzionare gli altri frati e suore che ho incrociato nel mio percorso di vita, così come anche gli scritti di P. Paul Wattson, fondatore della nostra famiglia religiosa.
I miei sogni e le mie perplessità
Il mio primo sogno, da giovane frate, era quello di trovare la soluzione alla divisione tra cristiani. Pensavo che si trattasse di un esercizio intellettuale su cui si poteva ragionare e discutere al fine di raggiungere un accordo comune, come quando si decide il colore con cui dipingere una stanza. Mi sono però subito accorto che, anche se nella mia testa avevo tutte le risposte, queste non erano affatto le risposte vere e reali.
Ho dunque imparato che il dono della diversità portava con sé prospettive, culture, lingue, società diverse e l’importanza delle relazioni umane che vanno oltre la soluzione dei problemi. Ho anche sognato una comunità di uomini pronti a essere santi esempi di perfezione spirituale.
Ho scoperto ben presto che tutti loro, me compreso, siamo soltanto esseri umani in cammino di conversione e di grazia. Così, mentre ero pronto a notare i limiti dei miei fratelli in cose come la pazienza, la generosità e la gioia, questi li ho riscontrati anche in me stesso.
Grazie a ciò sono cresciuto in esperienza fino a comprendere che l’amore è molto più legato alla fedeltà e al non arrendersi che al cercare di rendere tutti felici. Infatti, condividiamo il dolore e la gioia; piangiamo tanto quanto ridiamo.
Ma grazie a Dio, solo Lui è perfetto e veramente giusto. Pensavo di pianificare la mia vita in piano: che sciocco che sono stato! Ringrazio Dio per tutte le curve e le colline che mi ha donato, così come le valli e i luoghi impervi, impossibili da attraversare.
Il mio cammino fino a oggi
Nel reciproco discernimento che ho avuto con me stesso e con la comunità, ho seriamente messo in discussione l’impegno della mia vita con i Frati Francescani dell’Atonement. Invece del minimo di tre anni di voti temporanei, ne ho trascorsi cinque prima di chiedere di poter professare i voti perpetui.
Ciò ha comportato anche il ritardo nella mia ordinazione presbiterale, pur avendo già gli ordini sacri minori (lettorato e accolitato). Ma tutto questo è stato un dono che mi ha garantito di compiere finalmente il salto di fede, ovvero di correre il rischio di consegnare me stesso e il mio destino a Dio in un modo speciale di cui non mi sono pentito. Sono poi stati i miei incarichi successivi a confermarmi che questa intrapresa era la strada giusta per me.
Ho poi trascorso circa 18 mesi vivendo a Graymoor (nostra Casa-Madre) e assistendo il direttore delle vocazioni. Egli era un’anima allegra che amava la creatività e mi incoraggiava ad approfondire il discernimento della mia vocazione aiutando gli altri a discernere la loro.
Dopo la professione dei voti perpetui sono stato assegnato in Giamaica dove, da giovane frate, ho potuto sperimentare cos’è la povertà assoluta, che impattava anche le nostre tre parrocchie sull’isola. Un posto incredibilmente bello, una vera meraviglia tropicale, in cui però a farla da padrone erano la disperazione dei poveri e, al contempo, la loro dignità: tale situazione è stata la mia miglior insegnante per più di tre anni.
Sempre in Giamacia sono stato ordinato diacono nella nostra parrocchia principale (la chiesa della “Riconciliazione”), che abbiamo a lungo condiviso con la congregazione anglicana del Paese in un’esperienza di preghiera comune e di lavoro comune. Si è trattato di un’esperienza ecumenica di testimonianza del Vangelo nella sua forma basilare: dare speranza ai disperati e stare insieme per essere Cristo gli uni per gli altri.
Successivamente è a Graymoor che sono stato ordinato presbitero dall’arcivescovo di Kingston, prima di fare nuovamente ritorno sempre in Giamaica.
L’esperienza di essere uno straniero che è stato accolto e l’iniziazione a una cultura completamente diversa da quella da cui provenivo, sono valsi più di tutta la mia formazione teologica, la quale è stata comunque utile anche perché alla domenica ci si aspettava che io predicassi per almeno 40 minuti!
Al termine di questa esperienza sono stato assegnato per un quadriennio a una parrocchia a prevalenza bianca nella parte settentrionale dello stato del Virginia (USA). Qui ho avuto l’opportunità di testimoniare il Vangelo a famiglie moderne, che vivono sotto pressione, nella loro ricerca di fare della fede il centro della loro vita.
È stata un’enorme responsabilità! Abbiamo così svolto il nostro ministero per quattromila famiglie, sviluppando molteplici progetti di sensibilizzazione. Abbiamo anche costruito insieme una nuova chiesa, molto più grande della precedente, con ben 1200 posti a sedere.
Anche durante questa fase della mia vita consacrata, non ho accantonato l’ardore ecumenico, finendo per coinvolgermi ogni mercoledì in incontri locali con pastori episcopali, metodisti e luterani.
Alla fine del 1994 sono stato raccomandato all’Arcivescovo di New York, il cardinale John O’Connor, per ricoprire la posizione di nuovo direttore dell’ufficio diocesano per gli affari ecumenici e interreligiosi. Ho proseguito in questo servizio anche con l’avvento del suo successore, il cardinale Edward Egan, fino al 2002, anno in cui la comunità mi ha chiesto di dirigere il nostro ministero ecumenico di punta negli Stati Uniti: il “Graymoor Ecumenical & Interreligious Institute” (“GEII”).
Anche in questo ruolo ho cercato di mettere a frutto e coltivare le relazioni che avevo precedentemente stabilito con altre denominazioni cristiane e confessioni religiose, specialmente con la comunità ebraica.
Nel 2014 sono stato eletto dal Capitolo Generale dei Frati Francescani dell’Atonement come Vicario Generale della fraternità. Sono stato confermato in questo ruolo, tramite rielezione, nel 2019, terminando il mandato dopo il secondo quinquennio nel 2024. Anche questa, ovviamente, è stata un’esperienza impegnativa in cui ho dato tutto quello che potevo.
Nell’agosto 2024 sono stato infine nominato direttore del “Centro Pro Unione” e guardiano del Convento di “S. Onofrio al Gianicolo” a Roma. Qui sto trovando la mia strada in un posto nuovo e, di questo, mi sento davvero molto fortunato.
Come vivo da quando sono entrato
Ho ricevuto moltissime benedizioni da quando ho cominciato il cammino da frate, ricevendo sempre le risorse di cui ho bisogno per vivere la vita e perseguire la missione che mi è stata affidata. Tutti i superiori che ho avuto sono sempre stati generosi con me, permettendomi di affrontare le sfide e crescere dalle esperienze nelle migliori condizioni possibili.
Ma questa vita, ovviamente, non è stata esente da conflitti! Nelle relazioni umane, infatti, non sono mancati momenti di tensione, rabbia e delusione, solitamente radicati in bisogni contrastanti di affermazione e interessi egoistici. Imparare a liberarsi da tali necessità rende più liberi, accrescendo il sentirsi a proprio agio nello spirito di verità di chi si è realmente. La vera libertà di discernere deriva da tutte queste esperienze.
Sono tutt’altro che perfetto, ma ho trovato gioia nella scoperta delle innumerevoli benedizioni che hanno supportato la mia vita e che confermano quotidianamente la mia fede nell’affidabilità di Dio attraverso l’istituto dei Frati Francescani dell’Atonement. Così è valso per tutte le esperienze che la vita mi ha riservato, in cui ho sperimentato sfide, avventure e circostanze che mai avrei potuto prima immaginare.